Lei descrive Arezzo, come una città "Nelle Mani di Nessuno", perché?
"Prima di tutto voglio fare due premesse. La prima è che quando parlo di Arezzo, mi riferisco anche alla provincia, dove i problemi, in termini di malavita organizzata, vanno ben oltre i limiti di guardia. La seconda riguarda Arezzo e gli aretini. Intendo dire che continuo a frequentare la bellissima città di Arezzo perché lì ho trovato persone meravigliose che frequento e di cui sono orgoglioso di essere amico. Arezzo, è ovvio, non è una città di mafia né lo sono culturalmente e mentalmente gli aretini. Di questo sono certo.
La criminalità organizzata si è insediata semplicemente perché nessuno ha capito e percepito il problema negli anni. Ora probabilmente la pentola è colma e pian piano si comincerà ad intravedere l’acqua che fuoriesce dai bordi. Certo, la criminalità ha avuto gioco facile perché aretini (non vi è una sola città italiana dove, ovviamente, non vivono ladri e farabutti) compiacenti o troppo presi dal luccicar dell’oro hanno prestato il fianco ad investimenti di capitale da parte di persone che puzzavano di malavita da un miglio.
Hanno fatto come le tre scimmiette “non sento, non vedo, non parlo”. Relativamente alla sua domanda, posso dirle che
le risposte sono tutte contenute all’interno del mio libro. Basta leggere i dettagli e il gioco è fatto. Ritengo che la risposta a quello che mi chiede sia contenuta anche all’interno della cronaca nera e politica della vostra città (un esempio per tutti Variantopoli). Basta fare un’analisi di fatti e misfatti raccontati sui giornali negli ultimi 20 anni per avere una veduta globale di come sono andate le cose nella vostra città e provincia. Purtroppo noi italiani siamo un popolo di memoria corta. Personalmente, dopo 30 anni di onorato servizio, dove mi è capitato di occuparmi di mafia e terrorismo, ma anche di indagini su politici e politica, posso dire a ragione che spesso mi sono sentito NELLE MANI DI NESSUNO.
Sinceramente questo titolo mi è stato suggerito da due cose accadute nella mia vita professionale. La prima è stata l’indagine svolta sui mandanti politici della strage di Falcone e Borsellino (prima parte del libro ed è la prima volta che rivelo questo dettaglio in una intervista). La seconda riguarda proprio il mio periodo di servizio ad Arezzo prima che mi spostassi nella città dove vivo adesso e dove, ahimé, le cose non sono molto diverse.
Ad Arezzo volevo continuare a mettere la mia esperienza investigativa a disposizione dello Stato, della Questura aretina, della città. Altri, purtroppo, non la vedevano e la pensavano come me. Chissà perché poi. Ho sgobbato come un somaro per cinque anni, in solitudine, emarginato e frustrato perché per qualcuno stavo facendo un lavoro inutile. Qui va tutto bene era il pensiero comune. Io, come nel mio stile, non ho mai mollato e via, via i mafiosi li ho trovati, eccome. Ed ho pure trovato dove e come hanno riciclato i soldi. Certo se avessi lavorato in gruppo anziché da solo, i risultati potevano essere ben diversi e la città oggi poteva dirsi più pulita di quella che è. Anche in questo caso, i dettagli sono perfettamente indicati nel mio libro, quindi non mi dilungo"
Potrebbe dare i numeri, ammesso che sia possibile, della malavita nella nostra città? Darne la sua vera entità inconfutabile? Mafiosi 'trasferiti' nella nostra città, azioni criminali, 'investimenti' di denaro sporco! E dalla parte avversa, indagini, confische di beni, insomma, i numeri della lotta alla mafia ad Arezzo! Non è un problema percepito dai miei concittadini, quello che lei ha portato alla ribalta, facciamolo percepire! "Per avere dati inconfutabili si dovrebbe aver svolto un monitoraggio su un certo tipo di personaggi che vivono e fanno affari nel territorio aretino. Ritengo che nessuno può darle questi dati poiché non credo sia mai stata svolta un’attività di monitoraggio della malavita organizzata dopo quella che ho cominciato a fare io. Ovviamente parlo della Polizia, non so cosa hanno fatto gli altri corpi dello Stato. Avei potuto dare numeri esatti se mi avessero lasciato lavorare in tranquillità. Non ho mai chiesto nulla di più che fare quello che mi veniva più naturale fare. Invece dovevo sempre scontrarmi con chi mi metteva i bastoni tra le gambe. Mettevo in ombra qualche mio superiore, il quale, anziché sfruttare la mia pregressa esperienza siciliana sull’attività investigativa di tipo mafioso, a beneficio della Polizia e della città, mi creava continui disagi. Alla fine, dopo aver stilato la mia famosa relazione con la quale dimostravo la continua e costante presenza di mafiosi in città, ho deciso di mollare perché ero esausto e stanco di dovermi contrapporre ogni giorno con persone che volevano solo occuparsi del semplice lavoro ordinario.
Alcuni dettagli non posso raccontarli in un’intervista, mi auguro che a livello istituzionale, qualcuno venga a chiedermi conto. Aspetto da molto tempo questo momento. Ad Arezzo negli ultimi anni si è costruito tanto, troppo. La maggior parte delle imprese venivano da una certa area del sud Italia. Ci mancherebbe che io, siciliano doc, discrimini la gente del sud. Mi chiedo semplicemente se qualcuno ha mai accertato chi fossero i titolari delle ditte di costruzione, a chi venivano passati i subappalti e se vi erano, eventualmente, prestanome di queste società di costruzione. Questa si chiama prevenzione e attenzione al territorio. Forse è stato fatto?! Me lo auguro! Ritengo che il pezzo forte dell’aretino, per gli insediamenti mafiosi, sia il Valdarno. Una mina vagante che prima o poi imploderà (chi vuole aprire gli occhi basta che si sieda davanti ad un computer, vada su google e digiti la frase “la camorra in Valdarno” “Associazione Caponnetto” “relazione semestrale 2008 DIA sulla mafia in Valdarno” ecc. ecc. - poi basta leggere). Anche in Sicilia dicevano che la mafia non esisteva. I segnali delle infiltrazioni sono stati numerosi negli ultimi anni ed i sequestri di appartamenti acquistati da clan campani non lasciano adito a discussioni. Purtroppo è stata inquinata anche la zona di Foiano della Chiana. Mi chiedo come mai i sequestri di case acquistate dalla criminalità organizzata sono sempre scaturiti da indagini condotte da altre Questure e Procure, soprattutto campane. Non potevano scoprire queste cose gli investigatori locali? Mah!
Direi che un ulteriore brutto segnale che conferma quello che ho sempre sostenuto con i fatti e non con le parole, è dato dall’operazione fatta dai Carabinieri di San Giovanni Valdarno (notizia di giovedì 13 gennaio 2011 su Corriere di Arezzo). Hanno sequestrato un terreno e delle case costruite con i soldi sporchi. In questo caso c’è un dato ancora più allarmante. Il proprietario dei cantieri sequestrati era un albanese in combutta con salernitani legati alla camorra. Insomma le mafie straniere (e con questo non facciamo di tutta l’erba un fascio criminalizzando gli stranieri, perché la maggior parte è bravissima gente che lavora, paga le tasse e vive nel rispetto del prossimo) e italiane fanno affari in comune. E’ un fatto consolidato il connubio tra mafia italiana e straniera.
Credo però che quello effettuato dall’Arma sia il primo sequestro di questo tipo in Toscana. Mi sembra che sia proprio di due o tre giorni addietro, la notizia che la Guardia di Finanza ha sequestrato in provincia di Arezzo, per conto del Tribunale di Pesaro, beni costituenti il profitto di attività criminose. Ancora una volta soldi investiti nel territorio aretino.
Io penso che c’è una parte dei cittadini aretini (quella bellissima gente che ancora lascia la chiave dietro la porta, che ritengo pura nell’animo e nello spirito) che non percepiscono il problema criminalità, semplicemente perché pensano ingenuamente che queste cose appartengono al sud. E’ gente semplice che non ha e non ha potuto avere la percezione che da almeno un trentennio la malavita si è insediata nei loro territori. Poi c’è quella categoria di cittadini che di puro non hanno nulla, quelli con poca coscienza e tanta voglia di denaro. Questi sono i peggiori, perché sanno tutto ma non ne parlano, perché con la malavita ci fanno affari"
"Io non so cosa fa la politica ed i politici aretini, né di cosa si sia discusso dagli anni passati ad oggi, in sede di comitato per l’ordine e sicurezza pubblica per i problemi legati alla criminalità.
Quello che posso dire è che la cultura del silenzio è socialmente perdente. Ricordo, a chi non lo sa o non lo ha capito, che la criminalità organizzata predilige agire in modo sommerso, soprattutto usando regioni come la Toscana quale rifugio per il riciclaggio del denaro sporco, senza necessariamente puntare al controllo del territorio. Ma … c’è un problema che non ho idea se qualcuno ha percepito.
Mentre le mafie italiane preferiscono lavorare sotto traccia per non attirare l’attenzione su di loro da parte degli investigatori, le mafie cinesi, russe, albanesi e rumene, pensano in un altro modo. Loro puntano al controllo del territorio anche con la violenza, se necessario. E quando parlo di controllo del territorio non intendo solo prostitute e droga, ma negozi (anche investimenti di tipo outlet) , ristoranti, alberghi, costruzioni, e, come le mafie italiane, tutto quello che riguarda il movimento terra. Insomma qualunque cosa faccia muovere soldi"
"La malavita osserva le mode e le tendenze e lì investe. La gente si vuole abbronzare? Loro li accontentano aprendo i solarium. Ecco, questo è un semplice esempio per far capire come pensa o agisce chi deve investire denaro “sporco”. I tempi cambiano e la vostra bellissima Arezzo sta cambiando pelle. Ve ne siete accorti? Bisogna guardare oltre, facendo un’attività di prevenzione osservando cosa accade nel territorio e chi ci vive. Quello che premia è l’analisi dei mutamenti sociali. Chi fa il mio mestiere, è pagato anche per percepire in tempo i cambiamenti del territorio. Quando le istituzioni locali si troveranno impreparati e dovranno ammettere ai quattro venti che … si, la criminalità organizzata è forte e ricicla denaro a tonnellate, ci sarà da ridere o, forse, da piangere, perché sarà difficile recuperare quello che non si è visto e non si è fatto per anni. Qualcuno proverà a correre ai ripari con qualche articolo in prima pagina dove verrà riportata una notizia di questo tenore “ sono state aumentate le pattuglie nel territorio “ ecc. ecc..."
"
La gente ingenua, credendo che quello sia il modo per combattere la criminalità organizzata, sarà contenta, i politici e le associazioni, pur sapendo che quello non è il metodo giusto, faranno i soliti plausi alle istituzioni locali e tutti vissero felici, contenti e fessi! Non è una questione di pattuglie, non vi fate abbindolare da notizie che offendono la vostra intelligenza. Non è una o due pattuglie in più nel territorio che cambierà qualcosa, ma un lavoro di intelligence fatto prima a tavolino e poi sul territorio da persone che sanno cosa cercare e come cercare, in silenzio e senza bisogno di proclami sui giornali. Ma lasciamo perdere e parliamo di cose più serie.
E le cose serie per me sono i giovani ed è quindi a loro che voglio rivolgermi attraverso questa intervista. Ragazzi, voi potete dare un vero colpo di reni, portando una ventata di novità, distaccandovi dalla mentalità trasmessa da quei genitori il cui unico scopo è stato quello di fare soldi su soldi, guardando solo il proprio orticello. Ragazzi, la vita non è la passeggiata al corso, né scarpe di marca, il macchinone di grossa cilindrata, la bevuta nei locali alla moda o la tirata di cocaina perché fa tendenza. Mettete le vostre capacità e la vostra intelligenza a disposizione di voi stessi proponendo cultura e idee. Solo voi giovani potete rappresentare l’ago della bilancia e tentare di far sentire fuori tempo e fuori luogo i potenti che hanno detenuto e detengono la città nel loro harem. Solo voi giovani potete svegliare una città che troppo spesso preferisce girare la testa dall’altra parte. Dovete riuscire a creare dibattito sociale elencando le cose che non vanno, sentendovi più coinvolti nelle problematiche della città, problematiche che, di fatto, riguardano il vostro futuro. Dovete impegnarvi di più nell’associazionismo, nei luoghi dove si parla di politica, nei dibattiti. Far sentire la vostra voce, dire come vorreste cambiare le regole del gioco.
Potreste prendere in mano le sorti del paese, sostituendo una classe dirigente ormai troppo logora, assuefatta, prigioniera del potere fine a se stesso. Voi giovani dovete impedire che qualcuno vi strumentalizzi, come purtroppo si vede molto spesso nei dibattiti TV o nelle interviste pilotate. Non dovete fare da “claque” al potente di turno, ma sfidare la politica marcia con intelligenza, proposte, idee, soprattutto con l’impegno personale e la coerenza della propria vita.
Se avessi 20 anni o poco più fonderei “il partito dei giovani”, iscrizione vietata a chi ha più di 40 anni. Farei un programma serio di riforme, batterei tutte le piazze, fisiche, virtuali e mediatiche e sono certo che con le idee concrete e serie avrei un riscontro forte tra l’elettorato. Non più di due mandati elettivi in parlamento. Assoluta fedina penale pulita e niente privilegi per mogli, figli, parenti e amici. Evidentemente nessun privilegio da parlamentare e vita regolare, come milioni di persone che ogni giorno si svegliano per andare a lavorare, magari facendo i pendolari. Sarebbe un successo sicuro. Probabilmente non governerei, ma lotterei per affermare la mia idea politica senza cercare alleanze “bislacche” per una poltrona da sottosegretario od altro"
Perché, secondo lei, non c'è una reazione mediatica, o popolare alle sue parole rilasciate in un'intervista al tg3 regionale della Toscana (intervista di Costanza Mangini) qualche giorno fa? Perché non si parla di lato mafioso di Arezzo, terza città nella triste classifica del riciclo di denaro sporco in Italia? Perché le istituzioni non proferiscono parola?
"Questa è un’ottima domanda. In parte ho risposto precedentemente. Il resto credo di averlo già scritto nel capitolo “Gratta e vinci” del mio libro"
Quanto peserebbe sul versante criminale, una sollevazione popolare e mediatica? Quanto conterebbe un colpo di reni della dignità degli aretini, su questa lotta?
"La parola sollevazione popolare mi ricorda la violenza e questo non va bene. Una forte attenzione mediatica al problema, farebbe tantissimo, romperebbe le scatole ai mafiosi insediati ed a quelli che con i mafiosi ci entrano in società. Insomma l’obiettivo è dire. Signori … attenzione! Abbiamo aperto gli occhi, da oggi in poi ogni foglia che si muove verrà segnalata alle autorità. Ecco, pensando così si può fare la differenza. Bisogna sentirsi più partecipi ai dibattiti sociali, difendere con i denti il proprio territorio chiedendo conto e soddisfazione a chi l’amministra.
Lei dice di essere rammaricato delle associazioni di categoria, addirittura delle associazioni che da tempo si battono contro la mafia, come Libera, perché? Quali iniziative dovrebbero prendere?
"Per quanto a mia conoscenza centinaia di persone avevano visto e parlato del servizio andato in onda sul TG3 della Toscana. A distanza di circa una settimana da quell’intervista, nessuno e quando dico nessuno parlo di tutte le associazioni di categoria aretine, oltre quelle che, come Libera, dovrebbero essere attente al problema o, quanto meno far sentire la loro voce, non avevano preso posizione. Questo dettaglio mi è stato fatto notare dai colleghi aretini ai quali avevo chiesto se ci fosse stata qualche reazione della città alle mie parole. Nulla, niente di niente. Forse a tutti era sfuggito quel servizio o forse era meglio far finta di non averlo visto. Ed è per questo che ho voluto scrivere la mia lettera su facebook dal titolo “non c’è più sordo di chi non vuol sentire”. Una provocazione con l’obiettivo di invitare tutti a farsi sentire, dire la loro opinione, indignarsi, reagire. Solo dopo la mia lettera ho saputo che è stato pubblicato qualche articolo con il quale l’associazione Libera, la Confartigianato e qualche politico locale, lanciava il grido di allarme. Speriamo tra due giorni non si siano dimenticati tutti di tutto.
Mi faccia degli esempi concreti, su come le infiltrazioni mafiose, stanno modellando la città. Mi spiego meglio, lei in una nota spiega che le persone preferiscono girare la testa, piuttosto che guardare i ristoranti lussuosi, lo spaccio di droga, gli investimenti in particolari progetti! Se possiamo dirlo, quali sono i progetti a rischio?
"La crisi economica ha bloccato tutto, imprese, finanziamenti, investimenti. Gli unici che non hanno problemi economici sono le associazioni criminali che hanno liquidità ed hanno necessità di ripulire il denaro sporco prima possibile comprando qualunque cosa si muova. Bisogna stare attenti soprattutto alle società in crisi che, spesso, vengono rilevate anche con la complicità del titolare che, pur di mantenere il suo tenore di vita, anziché mangiare pane e mortadella, fa finta di non capire con chi sta facendo affari. Ripeto, tutto quello che è edilizia, movimento terra, rifiuti, centri commerciali, acquisto di agriturismo, sono luoghi dove puntare gli occhi. Le faccio un esempio. I soldi “veri”, quelli che provengono per esempio dai traffici di droga e che raggiungono cifre incredibili, sono gestiti da persone che nulla hanno a che vedere con i mafiosi con la fedina penale sporca. Si tratta di imprenditori e professionisti che non mettono mai neppure la macchina in divieto di sosta per non infrangere la legge ed attirare l’attenzione delle forze di polizia. Se queste persone partecipassero ad un appalto pubblico, nessuno si accorgerebbe di nulla perché sono incensurati. I pochi sequestri di grossi patrimoni che ci sono stati in questi ultimi anni sono tutti scaturiti da indagini di polizia giudiziaria che hanno permesso di collegare il circuito imprenditoriale al circuito mafioso attraverso “punti di contatto” (telefonate, incontri, “pizzini”, etc.) dimostrabili in tribunale. Però si tratta dell’eccezione, non della regola. Indagini nelle quali la lungimiranza di chi le ha dirette, ha fatto sì che si perseguisse contemporaneamente sia l’aspetto penale che quello patrimoniale. Vuole che io le dica come si sta modellando la città? Sono stato ad Arezzo circa 15 giorni addietro. Ho fatto un giro per la città ed ho visto diversi negozi, vuoti a qualsiasi ora, gestiti da ……… (non posso dire da chi per non criminalizzare queste persone né dargli il vantaggio di capire che sono stati notati), situati in posti dove l’affitto va dai 5 agli 8 mila euro al mese. Forse è tutto normale. Io mi porrei qualche domanda!"
Gli aretini dovrebbero stare attenti e seguire con attenzione i futuri maxi investimenti delle nostre amministrazioni? Penso, ad esempio, all'area Lebole...o agli altri di pari entità.
"Assolutamente si, attentissimi. Ma ciò non vuol dire, a mio avviso, che tutto deve esser fatto dagli imprenditori locali. Le cose vanno fatte in base alla miglior idea di progetto e al miglior prezzo. Bisogna aprirsi al mondo, senza campanilismi"
Da un investigatore come lei, che ha lavorato sia al sud che al nord, vorrei chiederle le differenze nell'attività investigativa. E' più facile indagare al nord, o più difficile? In quanto a omertà, come siamo messi? Glielo chiedo perché sembra che la lotta alla mafia sia una partita che si debba giocare unicamente nel ring del sud Italia, quando invece, a quanto pare, è al nord che ci sono le vere risorse mafiose da estirpare!
"Non è questione di dove sia più facile o difficile. Per scoprire la mafia ed i mafiosi bastano essenzialmente tre cose. Sapere cosa cercare, dove cercare e, soprattutto, avere voglia di farlo. Molti preferiscono fare le cose facili anziché quelle difficili. Lo stipendio è lo stesso e gli addetti al mestiere hanno meno rogne, soprattutto non si scontenta nessuno"
Quanto ha contato per questo triste primato aretino, essere una città a 'vocazione' massonica?
"Tutto. A questo proposito le allego anche due interessanti articoli dell’Espresso. Considerando che parlano di Gelli, voglio raccontarle una cosa che mi è stata detta poco tempo dopo essere arrivato ad Arezzo. Una cosa che mi ha dato il quadro di un atteggiamento sociale assolutamente ripugnante. Parliamo di una sera del 1993. Il fatto è accaduto nei pressi dell’incrocio del semaforo situato all’inizio di via V.Veneto, luogo dove, a quell’epoca, si trovava un Pub alla moda. Ad un certo punto arrivarono due pattuglie di VV.UU. che cominciarono a fare le multe alle auto parcheggiate sul marciapiede. Quasi tutti i proprietari delle auto si trovavano per l’appunto, all’interno del Pub. Tra quelle auto ve ne era parcheggiata anche una di grossa cilindrata con targa straniera. L’auto era del figlio di un notissimo massone locale. I VV.UU non fecero la multa a quell’auto e proseguirono con le altre. Nel frattempo molte persone erano uscite dal locale per spostare le auto. Tra questi arrivò anche il titolare dell’auto di grossa cilindrata. Due di quei 4 vigili lo salutarono ossequiandolo con un inchino, proprio come fa il giullare alla corte del Re. La cosa che lasciò sgomento l’amico che mi raccontò questa vicenda, fu data dal fatto che nessuno dei cittadini che avevano preso la multa si lamentò del fatto che non fu fatta anche al figlio del noto massone. Avevano paura o era una sorta di riverenza? A proposito del notissimo massone locale, c’è una domanda che mi è sempre ruotata in testa. Immagino che quando questo personaggio era il “puparo”dell’Italia, ha messo nei posti chiave i suoi uomini. Dove sono queste persone oggi? Cosa fanno? Di cosa si occupano? Ammettiamo che qualcuno è morto, altri sono andati in pensione, altri sono usciti fuori dalla scena. Ma… mi chiedo! Con loro è finita anche l’era del “puparo”, oppure nel passaggio di consegna dello “scettro” queste persone hanno messo al loro posto i propri delfini, facendo si che ci sia ancora oggi una sorta di catena di sant’Antonio che resiste e persegue gli stessi obiettivi di appartenenza? Chissa!"
Quanto conta la posizione geografica di Arezzo? Quanto il carattere dei suoi abitanti, che per farla breve, sulle cose serie, si sono sempre fatti più o meno i cazzi loro?
"La centralità della provincia aretina, attraversata da due grosse arterie come l’autostrada A1 ed E45 e la non eccessiva distanza da zone calde della nostra penisola, l’hanno resa certamente meta prediletta di organizzazioni criminali ormai da moltissimi anni. Il carattere dei suoi abitanti ha fatto molto, ma peggio hanno fatto quegli imprenditori senza scrupolo che hanno prestato il fianco ai criminali in nome del dio denaro"
Puo' raccontarmi brevemente la sua storia professionale (di investigatore e di scrittore) e come questa ha inciso nella sua vita personale? Che significa essere un uomo sotto copertura?
"Mi sono dedicato anima e corpo al lavoro non per tornaconti personali o per carriera (quale carriera può fare un Ispettore) ma semplicemente per passione e far si che la gente potesse vivere meglio. Una vocazione. Chi fa questo mestiere non può farlo per lo stipendio, ma per vocazione. Ovviamente non possiamo essere tutti motivati allo stesso modo. E’ strano come dopo 30 anni di servizio si possa ancora mantenere l’idealismo di quanto ci si è arruolati. Io sono riuscito a mantenerlo negli anni, anche quando mi sono sentito NELLE MANI DI NESSUNO. Non so come io abbia fatto, forse un forte senso di giustizia e dello Stato. Spesso neanch’io sono riuscito a darmi la giusta risposta. In almeno tre occasioni ho pensato di prosciogliermi. Mi chiedevo. Come puoi morire e rappresentare uno Stato che non senti più di rappresentare? Riuscivo ad andare avanti grazie a colleghi e magistrati che, come me, volevano semplicemente far bene il proprio lavoro e credevano nel giuramento che avevano fatto alla Repubblica. Ma quel giuramento traballava dentro di me tutte le volte che svolgevo indagini che rallentavano quando di mezzo c’erano i potenti di turno, soprattutto politici. Erano i casi in cui ero costretto a pensare che “la legge non è uguale per tutti”. Provavo rabbia nel pensare a quanti giudici e appartenenti alle forze dell’ordine erano morti per la patria. Per chi sono morti? Perché? Tutto lo schifo che ho visto, ho sentito, ho toccato con le mani non riuscivo più a tenerlo dentro. L’ho tirato fuori raccontando parte della mia vita né IL SILENZIO e NELLE MANI DI NESSUNO. Il resto verrà scritto nel prossimo libro. Il mio lavoro ha cambiato la mia vita privata. La colpa non è del Ministero dell’Interno. Lo stipendio te lo danno anche se non fai niente, purtroppo. Forse ho esagerato, avrei dovuto fare come fanno tanti miei colleghi. Quando vanno a casa lasciano la pistola nella cassetta di sicurezza dell’Ufficio. Io ho sempre camminato armato. Anche quando andavo al mare, si faceva il bagno a turno. Qualcuno della famiglia vigilava l’arma chiusa in cabina o nascosta sotto la sabbia all’interno di una busta di plastica. Si starà chiedendo perché porto l’arma sempre dietro? Semplice. IO SONO UN POLIZIOTTO e in ogni momento della mia giornata e in ogni luogo dove mi reco, qualche cittadino potrebbe avere bisogno di aiuto. Tutto qui! Io non sono un poliziotto sotto copertura, anche se sono stato allontanato dalla Sicilia per motivi di sicurezza. In questi anni ho sempre cercato di stare attento a non svegliare il cane che dorme, quel cane chiamato “mafioso”. Questo è il motivo per cui mi sono sempre auto tutelato non mostrando il mio viso e camminando armato. Come potete immaginare, in genere le scorte non le danno a persone come me, anche se hanno distrutto la loro vita per lo Stato. Solitamente si predilige dare la scorta ai politici che guadagnando 20 mila euro al mese e potrebbero pagarsi, a spese proprie, due guardie del corpo, dando così anche posti di lavoro. Speriamo che nessuno si indigni per quello che ho detto, so che certa gente è molto sensibile a certe provocazioni. Io, per esempio, mi indigno se penso che c’è un politico, già condannato in primo grado per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, che cammina ancora oggi con la scorta. Questa cosa mi suona strana e mi fa incazzare oltre ogni limite. Vorrei ricordare a quelli dalla memoria corta, che al Professor Biagi, consulente del Governo italiano, gli fu tolta la scorta. Fu abbandonato al suo destino fino a lasciarlo morire ammazzato, il 19 marzo 2002, per mano delle Brigate Rosse. E qui mi voglio fermare"
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